La teoria parrebbe plausibile; ma vi ostano numerose osservazioni, segnatamente quelle che si riferiscono ai molti casi di aree mellifere, ben circoscritte nello spazio, ma con tessuto superficiale poco o punto mutato, quelle aree mellifere insomma che noi abbiamo considerato come nettarii primitivi o primigenii. Ricordiamo i nettarii delle brattee involucrali di Centaurea montana, del margine apicale dei sepali di Paeonia officinalis, delle stipole e stipelle di Dolichos e Lablab, delle guaine fogliari di Epidendron elongatum ecc. ecc. Questi nettarii primitivi, stabili ed ereditarii come ogni altro nettario, non sono certo derivati da lesioni di tessuto praticate per un seguito di generazioni quanto si voglia lungo. Tutto al più si può ammettere l’influenza di uno stimolo, ripetuto per una serie incalcolabile di generazioni, dovuto a titillazione di tessuto, non a lesione.
Come sarà poi applicabile l’ipotesi beccariana al singolare fenomeno della base fogliare mellifera nello Helianthus giganteus? Questa tra tutte le nostre osservazioni reputiamo la più importante. Ivi non solo manca ogni menoma modificazione di tessuto, ma, quel che è più strano, manca ogni area melliflua definita e circoscritta. Si vede sgorgare il nettare qua e colà senza la menoma ragione assegnabile. Eppure questo néttare adempie perfettamente alla sua funzione, poiché richiama una quantità grande di formiche.
Ma dato anche la succitata ipotesi fosse valida a spiegare questi casi semplicissimi e primitivi di nettarii, non vedo come possa dare ragione di quei nettarii crateriformi che sono tanto mirabilmente elaborati.
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Centaurea Paeonia Dolichos Lablab Epidendron Helianthus
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