[74] Niuna cosa è adunque da fare nel cospetto delle persone alle quali noi desideriamo di piacere, che mostri più tosto signoria che compagnia, anzi vuole ciascun nostro atto avere alcuna signification di riverenza e di rispetto verso la compagnia nella quale siamo. [75] Per la qual cosa, quello che fatto a convenevol tempo non è biasimevole, per rispetto al luogo et alle persone è ripreso: come il dir villania a’ famigliari e lo sgridargli (della qual cosa facemmo di sopra mentione) e molto più il battergli, con ciò sia cosa che ciò fare è un imperiare et essercitare sua giurisdittione; la qual cosa niuno suol fare dinanzi a coloro ch’egli riverisce, sanza che se ne scandaleza la brigata e guastasene la conversatione, e maggiormente se altri ciò farà a tavola, che è luogo d’allegrezza e non di scandalo. [76] Sì che cortesemente fece Currado Gianfigliazzi di non moltiplicare in novelle con Chichibio per non turbare i suoi forestieri, come che egli grave castigo avesse meritato, avendo più tosto voluto dispiacere al suo signore che alla Brunetta; e se Currado avesse fatto ancora meno schiamazzo che non fece, più sarebbe stato da commendare, ché già non conveniva chiamar messer Domenedio che entrasse per lui mallevadore delle sue minaccie, sì come egli fece. [77] Ma, tornando alla nostra materia, dico che non istà bene che altri si adiri a tavola, che che si avenga; et adirandosi no ’l dèe mostrare, né del suo cruccio dèe fare alcun segno, per la cagion detta dinanzi, e massimamente se tu arai forestieri a mangiar con esso teco, perciò che tu gli hai chiamati a letitia, et ora gli attristi; con ciò sia che, come gli agrumi che altri mangia, te veggente, allegano i denti anco a te, così il vedere che altri si cruccia turba noi.
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Niuna Currado Gianfigliazzi Chichibio Brunetta Currado Domenedio
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