[140] Per la qual cosa chi dice «voi» ad un solo, purché colui non sia d’infima conditione, di niente gli è cortese del suo, anzi, se gli dicesse «tu», gli torrebbe di quello di lui e farebbegli oltraggio et ingiuria, nominandolo con quella parola con la quale è usanza di nominare i poltroni et i contadini. [141] E se bene altre nationi et altri secoli ebbero in ciò altri costumi, noi abbiamo pur questi, e non ci ha luogo il disputare quale delle due usanze sia migliore, ma convienci ubidire non alla buona, ma alla moderna usanza, sì come noi siamo ubidienti alle leggi etiandio meno che buone per fino che il Comune o chi ha podestà di farlo non le abbia mutate. [142] Laonde bisogna che noi raccogliamo diligentemente gli atti e le parole con le quai l’uso et il costume moderno suole e ricevere e salutare e nominare nella terra ove noi dimoriamo ciascuna maniera d’uomini, e quelle in comunicando con le persone osserviamo. [143] E non ostante che l’Ammiraglio, sì come il costume de’ suoi tempi per aventura portava, favellando col re Pietro d’Aragona gli dicesse molte volte «tu», diremo pur noi a’ nostri re «Vostra Maestà» e «La Serenità V(ostra)», così a bocca come per lettere: anzi, sì come egli servò l’uso del suo secolo, così debbiamo noi non disubidire a quello del nostro. [144] E queste nomino io cirimonie debite, con ciò sia che elle non procedono dal nostro volere né dal nostro arbitrio liberamente, ma ci sono imposte dalla legge, cioè dall’usanza comune; e nelle cose che niuna sceleratezza hanno in sé, ma più tosto alcuna apparenza di cortesia, si vuole, anzi si conviene ubidire a’ costumi comuni e non disputare né piatire con esso loro.
| |
Comune Ammiraglio Pietro Aragona Maestà Serenità V
|