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      [181] Per la qual cosa non si dèe ciò fare con ogni conoscente, ma solo con gli amici più stretti e verso le persone il governo e regimento delle quali a noi appartiene, o veramente quando gran pericolo soprastesse ad alcuno, etiandio a noi straniero; ma nella comune usanza si dèe l’uomo astenere di tanto dar consiglio e di tanto metter compenso alle bisogne altrui: nel quale errore cadono molti, e più spesso i meno intendenti. [182] Perciò che agli uomini di grossa pasta poche cose si volgon per la mente, sì che non penano guari a deliberarsi, come quelli che pochi partiti da essaminare hanno alle mani; ma, come ciò sia, chi va proferendo e seminando il suo consiglio mostra di portar openione che il senno a lui avanzi et ad altri manchi. [183] E fermamente sono alcuni che così vagheggiano questa loro saviezza che il non seguire i loro conforti non è altro che un volersi azzuffare con esso loro, e dicono: - Bene sta; il consiglio de’ poveri non è accettato - et - Il tale vuol fare a suo senno - et - Il tale non mi ascolta -; come se il richiedere che altri ubidisca il tuo consiglio non sia maggiore arroganza che non è il voler pur seguire il suo proprio. [184] Simil peccato a questo commettono coloro che imprendono a correggere i difetti degli uomini et a riprendergli; e d’ogni cosa vogliono dar sentenza finale, e porre a ciascuno la legge in mano: - La tal cosa non si vuol fare - e - Voi diceste la tal parola - e - Stoglietevi dal così fare e dal così dire - - ’l vino che voi beete non vi è sano, anzi vuole esser vermiglio - e - Dovreste usare del tal lattovaro e delle cotali pillole -; e mai non finano di riprendere, né di correggere.


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Galateo overo De' costumi
di Giovanni della Casa
pagine 75

   





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