- - Dove egli ha i piedi! - e - Gli fece ugner le mani con la grascia di San Giovan Boccadoro - e - Dove mi manda egli? - - Ad Arno! -; - Io mi voglio radere - - E’ sarebbe meglio rodere! -; - Va chiama il barbieri - - E perché non il barba ... domani?! -: i quali, come tu puoi agevolmente conoscere, sono vili modi e plebei; cotali furono, per lo più, le piacevolezze et i motti di Dioneo. [209] Ma della più bellezza de’ motti e della meno non fia nostra cura di ragionare al presente, con ciò sia che altri trattati ce ne abbia, distesi da troppo migliori dettatori e maestri che io non sono, et ancora perciò che i motti hanno incontinente larga e certa testimonianza della loro bellezza e della loro spiacevolezza, sì che poco potrai errare in ciò, solo che tu non sii soverchiamente abbagliato di te stesso, perciò che dove è piacevol motto ivi è tantosto festa e riso et una cotale maraviglia. [210] Laonde, se le tue piacevolezze non saranno approvate dalle risa de’ circonstanti, sì ti rimarrai tu di più motteggiare, perciò che il difetto fia pur tuo, e non di chi t’ascolta, con ciò sia cosa che gli uditori, quasi solleticati dalle pronte o leggiadre o sottili risposte o proposte, etiandio volendo, non possono tener le risa, ma ridono mal lor grado; da’ quali, sì come da diritti e legitimi giudici, non si dèe l’uomo appellare a se medesimo, né più riprovarsi. [211] Né per far ridere altrui si vuol dire parole né fare atti vili né sconvenevoli, storcendo il viso e contrafacendosi, ché niuno dèe, per piacere altrui, avilire sé medesimo, che è arte non di nobile uomo, ma di giocolare e di buffone.
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San Giovan Boccadoro Arno Dioneo
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