Ricorditi che fece il peccar nostroPrender Dio, per scamparne,
Umana carne al tuo virginal chiostro!
E come che Dante, sommo poeta, altresì poco a così fatti ammaestramenti ponesse mente, io non sento perciò che di lui si dica per questa cagione bene alcuno. [222] E certo io non ti consiglierei che tu lo volessi fare tuo maestro in questa arte dello esser gratioso, con ciò sia cosa che egli stesso non fu, anzi in alcuna Cronica trovo così scritto di lui: «Questo Dante per suo sapere fu alquanto presuntuoso e schifo e sdegnoso e, quasi, a guisa di filosofo, mal gratioso, non ben sapeva conversare co’ laici». [223] Ma, tornando alla nostra materia, dico che le parole vogliono essere chiare; il che averrà, se tu saprai scegliere quelle che sono originali di tua terra, che non siano perciò antiche tanto che elle siano divenute rance e viete, e, come logori vestimenti, diposte o tralasciate, sì come spaldo et epa et uopo e sezzaio e primaio; et oltre a ciò, se le parole che tu arai per le mani saranno non di doppio intendimento, ma semplici, perciò che di quelle accozzate insieme si compone quel favellare che ha nome «enigma» et in più chiaro volgare si chiama «gergo»:
Io vidi un che da sette passatoifu da un canto all’altro trapassato.
[224] Ancora vogliono esser le parole il più che si può appropriate a quello che altri vuol dimostrare, e meno che si può comuni ad altre cose, perciò che così pare che le cose istesse si rechino in mezzo e che elle si mostrino non con le parole, ma con esso il dito: e perciò più acconciamente diremo «riconosciuto alle fattezze» che «alla figura» o «alla imagine»; e meglio rappresentò Dante la cosa detta, quando e’ disse:
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