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      [292] Ma perché io non presi a mostrarti i peccati, ma gli errori, degli uomini, non dèe esser mia presente cura il trattar della natura de’ vitii e delle virtù, ma solamente degli acconci e degli sconci modi che noi l’uno con l’altro usiamo: uno de’ quali sconci modi fu quello del Conte Ricciardo (del quale io t’ho di sopra narrato), che, come difforme e male accordato con gli altri costumi di lui belli e misurati, quel valoroso Vescovo, come buono et ammaestrato cantore suole le false voci, tantosto ebbe sentito. [293] Conviensi adunque alle costumate persone aver risguardo a questa misura che io ti ho detto, nello andare, nello stare, nel sedere, negli atti, nel portamento e nel vestire e nelle parole e nel silentio e nel posare e nell’operare. Per che non si dèe l’uomo ornare a guisa di femina, acciò che l’ornamento non sia uno e la persona un altro, come io veggo fare ad alcuni che hanno i capelli e la barba inanellata col ferro caldo, e ’l viso e la gola e le mani cotanto strebbiate e cotanto stropicciate che si disdirebbe ad ogni feminetta, anzi ad ogni meretrice, quale ha più fretta di spacciare la sua mercatantia e di venderla a prezzo. [294] Non si vuole né putire né olire, acciò che il gentile non renda odore di poltroniero, né del maschio venga odore di femina o di meretrice; né perciò stimo io che alla tua età si disdichino alcuni odoruzzi semplici di acque stillate. I tuoi panni convien che siano secondo il costume degli altri del tuo tempo o di tua conditione, per le cagioni che io ho dette di sopra; ché noi non abbiamo potere di mutar le usanze a nostro senno, ma il tempo le crea, e consumale altresì il tempo.


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Galateo overo De' costumi
di Giovanni della Casa
pagine 75

   





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