Oltre a ciò, sapevo dei giudizi che gli altri davano di me; e constatavo di non essere considerato in nulla inferiore ai miei compagni, benché ve ne fossero alcuni già destinati ad occupare il posto dei nostri maestri. Infine, il nostro secolo mi sembrava fiorente e fertile di buoni ingegni quanto ogni altro secolo precedente. Tutto questo mi induceva a prendermi la libertà di giudicare da me tutti gli altri, e di pensare che non ci fosse al mondo scienza, quale all'inizio me l'avevano fatta sperare.
Non avevo tuttavia smesso di stimare gli esercizi di cui ci si occupa nelle scuole. Riconoscevo che le lingue che vi si apprendono sono necessarie per l'intelligenza dei libri antichi; che la grazia delle favole sveglia l'ingegno, e che lo elevano le azioni memorabili delle storie, le quali, lette con prudenza, aiutano a formare il giudizio. Riconoscevo che la lettura dei buoni libri è come una conversazione con gli uomini più illustri dei secoli passati che ne furono gli autori, e per di più una conversazione studiata, in cui quelli ci palesano solo i loro migliori pensieri. Riconoscevo che l'eloquenza ha forza e bellezza incomparabili, e la poesia delicatezza e dolcezze che incantano; che nelle matematiche ci sono invenzioni assai sottili, che possono ben servire sia a soddisfare i curiosi, sia a facilitare tutte le arti e alleviare il lavoro degli uomini. Riconoscevo che gli scritti che trattano dei costumi contengono parecchi utilissimi precetti ed esortazioni alla virtù; che la teologia ci insegna a guardare il cielo, e la filosofia il mezzo per parlare di tutto con verosimiglianza e farci ammirare da quelli che ne sanno di meno; che il diritto, la medicina e le altre scienze danno onori e ricchezze a chi li coltiva; infine, che è bene avere esaminato tutte queste scienze, anche le più cariche di pregiudizi o più false, per conoscerne il giusto valore e non lasciarsene ingannare.
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