Parte sesta: Le cose richieste per andare più avanti nello studio della natura
Sono passati tre anni da quando, arrivato alla fine del trattato che contiene tutte queste cose, e mentre mi accingevo a rivederlo per metterlo nelle mani di un tipografo, venni a sapere che persone alle quali mi inchino e la cui autorità non ha sulle mie azioni un peso minore di quello che la mia ragione ha sui miei pensieri, avevano disapprovato un'opinione di fisica pubblicata qualche tempo prima da un altro e dalla quale non dirò che la condividessi, ma solo che non vi avevo trovato nulla, prima della loro censura, che potessi immaginare pregiudizievole alla religione o allo Stato, e dunque nulla che mi avrebbe impedito di sostenerla, se la ragione me ne avesse convinto; e il fatto mi fece temere che se ne potesse trovare qualcuna delle mie in cui avessi errato, nonostante la grande cura che ho sempre avuto di non accoglierne di nuove, senza averne certissime dimostrazioni, e di non enunciarne che potessero risultare dannose a qualcuno. Tanto bastò perché cambiassi la prima decisione che avevo presa di pubblicarle. Sebbene infatti fossero assai forti le ragioni della prima decisione, l'inclinazione che mi ha fatto sempre odiare il mestiere di far libri me ne fece trovare tante altre per dispensarmene. I motivi in un senso o nell'altro sono tali che non solo ho io qui qualche interesse a dirli, ma forse anche il pubblico ad ascoltarli.
Non ho mai tenuto in gran conto i parti del mio ingegno, e finché non ho raccolto dal metodo di cui mi servo altri frutti che qualche soddisfazione a proposito di alcune difficoltà delle scienze speculative, oppure l'aver tentato di regolare i miei costumi secondo le norme che mi prescriveva, non ho mai considerato un obbligo di scriverne.
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