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      E questo, in primo luogo, per avere così un altra occasione di esaminare le cose con cura, giacché indubbiamente si sta più attenti a quel che si pensa debba essere visto da molti, che a quel che si fa solo per sé; e spesso cose che mi erano sembrate vere quando avevo cominciato a pensarle, mi apparvero false quando volli metterle su carta. In secondo luogo per non perdere nessuna occasione di essere utile al pubblico, se ne sono capace, e perché dei miei scritti, se valgono qualcosa, possano fare l'uso più appropriato quelli che ne verranno in possesso dopo la mia morte. Ma pensavo che non dovevo assolutamente permetterne la pubblicazione finché ero in vita perché né le opposizioni e controversie a cui sarebbero forse esposti, né la fama, qualunque essa fosse, che mi avrebbero acquistato, mi facessero perdere il tempo che voglio impiegare a istruirmi. Se è vero, infatti, che ognuno ha l'obbligo di favorire, per quanto gli è possibile, il bene altrui, e che non essere utile a nessuno significa proprio non valere nulla, è vero anche che le nostre preoccupazioni debbono estendersi più in là del presente, e che è bene tralasciare cose che potrebbero forse arrecare qualche vantaggio ai viventi, quando se ne vogliono fare altre che ne procurino di maggiori alla posterità. Non voglio nascondere, infatti, che il poco che ho appreso fin qui è quasi nulla in confronto a quello che ignoro e che non dispero di riuscire ad apprendere; perché quelli che scoprono a poco a poco la verità nelle scienze sono come chi, cominciando ad arricchirsi, non fatica tanto ora, a guadagnare molto, quanto faticava prima, quand'era più povero, a guadagnare di meno.


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Discorso sul metodo
René Descartes
di
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