Quantunque la cognizione degli annali delle altre nazioni sia un ornamento dello spirito, e meriti d’esser commendata; quella nondimeno della propria è un dovere; ed è colpevole colui, che facendone poco, o niun conto, dirige le sue applicazioni a cercare gli avvenimenti delle straniere genti. Bisogna amare la propria nazione, e questo è un dovere d’ogni cittadino, nè questa può amarsi, se noi non ne sappiamo i pregi. Il mio scopo adunque è stato principalmente indiritto alla storia siciliana. A vero dire noi siamo ricchi di scrittori, che hanno sudato ad illustrare la nostra nazione o con darci una generale storia di essa, o con tesserne delle particolari di parecchie più famose città della nostra isola; ma gli uni e gli altri non sembra, che abbiano avuto altro intento, che quello di scrivere gli annali de’ tempi; ma delle leggi, de’ costumi, dell’agricoltura, del commercio, delle arti, e scienze, e della religione o non parlarono punto, o assai superficialmente. Perciò la prima mia occupazione fu appunto quella di tessere la storia di Sicilia, considerandola ancora sotto questi civili rapporti, e la ho recata al suo termine, quantunque non abbia ancora veduta la pubblica luce. Mi sono di poi applicato ad emendare i più grossolani errori presi da certuni degli storici, che hanno scritto della nostra isola, l’opere de’ quali vanno per le mani di tutti, e sono riputate come le migliori da coloro, che non penetrano tanto addentro nella cognizione delle nostre cronache. Così mi è riuscito di fare nell’esame della storia generale del signor Burigny da me pubblicato in Napoli l’anno 1786 sotto il titolo di Lettere di Giovanni Filotete, e nelle correzioni ed aggiunte apposte all’opuscolo di Ferdinando Paternò Sicani Reges, che comunque manoscritto, era nondimeno diffuso per tutta la Sicilia; in guisa che non v’è quasi libreria, nè famiglia catanese, che non ne possegga una copia, cui il Mongitore nella sua biblioteca profuse molte lodi, non so se meritate da questo autore.
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