Cercarono gl’imparziali di estinguere questo incendio che devastava l’intera Sicilia, nè la regina Bianca era restìa a pacificarsi. Noi abbiamo una lettera di questa principessa datata in Castronovo a 30 aprile 1411, che promulgheremo quando si stamperà la storia, con cui promettea di condonare tutte le ingiurie e i danni che l’erano stati fatti, ogni volta che se le fossero restituite come a vicaria del regno tutte le città e castella usurpate dal Caprera; ma questi caparbio nei suoi sentimenti ricusò ogni accomodamento.
Durando l’ostinazione delle due fazioni, e considerandosi che qualunque ne fosse l’esito favorevole all’una, e avverso all’altra, sempre la Sicilia sarebbe per restare involta nelle guerre intestine; parve che il migliore espediente fosse per essere quello di spogliare i due contendenti di qualsivoglia autorità, e di affidare il governo del regno a de’ soggetti tratti dai tre ordini dello stato, i quali interinamente lo reggessero. Concepirono questa ardita idea i coraggiosi Messinesi, i quali proposero, che si convocasse un generale parlamento, ed ebbero anche lo spirito d’intimarlo in Taormina, che fu creduto il luogo più salubre e libero dalla crudele epidemia, che allora tribolava la Sicilia. La regina Bianca che amava la pace, e il Lihori, ch’era il capo del suo partito, accettarono l’invito; ma l’altiero Caprera se ne rise, e trattò con dispregio questa proposizione: sostenendo che non era da disputarsi a chi appartenesse nell’interregno il comando della Sicilia, che per le leggi nazionali dovea restare nelle mani del gran giustiziere, e del sacro consiglio.
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