Con qual’animo udisse il Caprera le determinazioni del parlamento è facile il congetturarlo; le dichiarò egli tosto nulle e di niun vigore, e i parlamentarî temerarî e rubelli, perchè aveano avuto l’ardire di pensare a darsi un re, e a separarsi dalla corona di Aragona. Non gli fu difficile il farlo credere a molti baroni, e particolarmente a’ Catalani. Unito a questi, che ritrovavansi potenti, cominciò ad impossessarsi delle città e delle fortezze del regno, e se non in tutto, vi riuscì in parte. Le città nemiche de’ Messinesi, i quali aveano dominato nel parlamento, si distaccarono dalla regina Bianca, e vennero a sottomettersi al gran giustiziere conte di Modica, e fra queste la città di Palermo, la di cui emulazione con Messina è abbastanza nota, la quale mal soffriva il vedere eletti sei deputati messinesi, quando di essa, ch’era la capitale, non se ne disegnavano che due, quanti ne venivano accordati a Catania.
Mentre le due fazioni si laceravano, scrive il Fazello (28), che la regina Bianca si era ritirata a Catania nella fortezza Orsina, dove spesso andava a visitare alcune monache vicino alla sua abitazione, che forse erano le benedettine di s. Placido, il monastero delle quali avea questa principessa arricchito di non poche facoltà, come ci lasciò registrato Giov. Battista de Grossis (29), e che il Caprera tentò di sorprenderla inutilmente; giacchè essendo stata avvertita, si ridusse sollecitamente in luogo di sicurezza. Fallito al gran giustiziere questo colpo, e volendo levare ogni suspizione, la fe’ pregare, che si compiacesse di abboccarsi seco per troncare le cagioni delle civili discordie, che turbavano la Sicilia.
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