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      Assicuratasi Bianca da ogni insulto, che potesse arrivarle dal Caprera, dichiarossi ben contenta che gli ambasciadori Catalani, che ella rispettava per l’onore dovuto alla corona di Aragona, fossero gli arbitri delle differenze che erano insorte fra lei, e il gran giustiziere. Premea a detti ambasciadori il ridurre la Sicilia in quiete, e principalmente per alcune novità accadute di fresco in Messina. I papi hanno sempre preteso, sebbene vanamente, di avere diritto sopra la Sicilia, e che i nostri re, come sovrani di Napoli e di Sicilia, offerissero alla santa sede ogni anno la chinea, e pagassero il censo per ambe le Sicilie, appoggiati o alla falsa donazione di Costantino, o a quelle di Pipino, di Carlo Magno, di Ludovico II, degli Ottoni, e di s. Arrigo, che sono dello stesso calibro, ed insussistenti, specialmente per conto della Sicilia, non potendo questi principi dare ciò che non appartenea loro, nè aveano conquistato, e che era in potere dei Saraceni. Ora il pontefice Giovanni XXIII volendo trar vantaggio dalle vertigini, in cui erano i regni di Aragona, e di Sicilia, avea spedito in Messina con tre galee un legato apostolico, il quale fu incaricato di promulgare che non avendo i re Aragonesi pagato il tributo alla santa sede per la Sicilia, che teneano (dicea egli) in feudo dalla medesima, era perciò questo regno caduto in potere del papa. Fu cosa agevole a questo prelato il persuaderne in quei tempi d’ignoranza i buoni Messinesi, i quali tostamente giurarono ubbidienza al medesimo, come a legato [26] pontificio, e lo stesso giuramento fe’ la città di Melazzo, ch’era allora una delle maggiori fortezze dell’isola, ed appartenea alla giurisdizione di Messina; il solo castello di Mattagrifone ricusò di riconoscere il dominio del papa.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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