Che se nonostante alcuno ricusasse di ubbidire alla vicaria, erano incaricati di fare ogni opra per farla riconoscere, e di stabilire, per troncare ogni difficoltà, un consiglio, che le stesse a lato nella forma come era stato prima prescritto in Barcellona dal re Martino il vecchio (69). Questa provvidenza data dal monarca di Aragona abbastanza addita che la podestà data agli ambasciadori non era che [31] passaggiera, e unicamente indiritta a ricever gli omaggi, a giurare l’osservanza de’ privilegi, e a procurare la pace; ma che tutta l’autorità era tramandata nell’eletta vicaria generale.
Ciò vieppiù si fa palese dalla maniera come vien prescritto il nuovo consiglio. Determinò il re che questo senato fosse composto da persone indifferenti, d’intemerata coscienza, e zelanti dell’onore della corona di Aragona, e del bene della repubblica. Dovea il loro numero essere di diciotto consiglieri, nove dei quali fossero Catalani, e fra questi i quattro ambasciadori, e nove Siciliani. Che se questo numero sembrasse eccedente, permettea S.M. che si minorasse a dodici, sei de’ quali fossero Catalani, compresivi i quattro ambasciadori, e sei Siciliani. Nelle determinazioni dovea esservi il concorde parere di dieci, se il consiglio era composto di diciotto, cinque Catalani, fra quali gli ambasciadori, e cinque Siciliani. Che se il consiglio era composto di dodici, dovea allora esservi il consenso di otto, quattro Catalani, fra quali due degli ambasciadori, e quattro Siciliani (70). Or se gli ambasciadori fossero stati vicegerenti, secondochè piacque a’ nostri cronisti, come erano eglino confusi cogli altri consiglieri, senza altra distinzione che quella di dovere o tutti o parte votare nelle risoluzioni, che far si doveano?
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