Dolevasi il primo, che essendo stati presi nei mari di Sardegna, secondo le leggi di buona guerra, a tempi del re Martino, alcuni Genovesi, ed essendo stata loro promessa la libertà per il prezzo di dieci mila fiorini, che lo stesso monarca avea donati al detto Sancio, che li tenea prigioni nel suo castello della Motta, il Caprera promise loro di farli scappare, se aveano modo di dare adito alle sue truppe in quella fortezza. Assediata questa, e presa per i maneggi, che internamente faceano i Genovesi, non solamente costoro furono posti in libertà, ma furono inoltre occupati tutti i beni dell’ammiraglio, e distribuiti dal conte di Modica ai suoi familiari. Richiedea perciò che fosse rindennizato non meno dei dieci mila fiorini dovuti per conto dei Genovesi, che dei beni che gli erano stati allora rubati. L’infante esaminata diligentemente questa causa col consiglio di due giureconsulti, deffinì, che Riccardo di Leofante procuratore del Caprera fosso tenuto di pagare al Lihori dieci mila fiorini per il riscatto dei Genovesi, e cinque mila per prezzo dei beni derubati, e condannò inoltre il conte di Modica alle spese. Il documento che rapporta questa sentenza è presso di noi, ed è dato in Catania ai 10 di aprile 1416.
Morto il re Ferdinando, e fattegli le solenni esequie, lasciò scritto il Surita (96) che il primo pensiero, che cadde in mente al re Alfonso, fu quello di richiamare il fratello dalla Sicilia. Ingelosito egli dell’amore, che i Siciliani mostravano verso il medesimo, e sapendo il desiderio ch’eglino aveano che regnasse sopra di loro, dubitava che l’acclamassero per re, udita la morte del di lui padre.
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