Mentrechè andavano spianandosi al re Alfonso le difficoltà per la conquista del regno di Napoli, il re Luigi d’Angiò, il principale ostacolo che si frapponesse ai suoi disegni, sulla metà di novembre 1434 se ne morì in Calabria nel castello di Cosenza, e in capo a pochi mesi cioè agli 11 di febbraro 1435 finì anche di vivere la regina Giovanna. Queste morti fecero mutar pensiero al detto sovrano, e dopo di essersi assicurato per mezzo del suo confidente Caraffello Caraffa, che avea spedito in Napoli segretamente, essere la maggior parte di quei cittadini disposta a ricercarlo per sovrano, da Catania, dove si ritrovava, venne sollecitamente in Messina col proposito di portare le armi contro il regno di Napoli (155); e prima di ogni altra cosa spedì in Calabria il nostro conte di Geraci Giovanni Ventimiglia con mille cavalli, ed indi a poco Minicuccio Aquilano con un pari numero di soldati da cavallo, con ordine di unirsi al principe di Taranto suo collegato, e di riacquistare quanto si era perduto in quella provincia. Quel che si operasse il prode Ventimiglia, non è quì il luogo di riferirlo; ricuperò egli immediatamente quanto si era occupato dal Caldora in quella provincia, e procurò al suo re l’amicizia di molti baroni del regno di Napoli, oltre al principe di Taranto che abbiamo mentovato, i quali presero Capua, e chiamarono Alfonso, acciò con ogni sollecitudine venisse a continuare la conquista di quel regno. Fu perciò questo sovrano obbligato a partirsi dalla Sicilia, come fe’, con sette galee, lasciandovi l’infante Pietro, acciò allestisse il resto dell’armata, e preparasse le provigioni da bocca, e da guerra, per seguirlo in quella impresa.
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