Osserviamo ora quand’egli ne fosse partito, e vi avesse lasciati per suoi luogotenenti il Paruta, e il Platamone. Arrivato il re Alfonso in Milano divenne così amico del duca Filippo (179), che non solo ottenne che il re Giovanni suo fratello, ch’era stato trasportato in Genova, venisse a Milano, ma lo ridusse a collegarsi seco, e a facilitargli la conquista del regno di Napoli (180). Fu dunque stabilito per venirne a capo, che intanto andassero in Ispagna i due fratelli Giovanni e Arrigo a fine di prepararvi un’armata, e che i due ragguardevoli baroni napolitani, il principe di Taranto e il duca di Sessa ritornassero in Napoli per far animo agli amici della casa di Aragona, e per impedire che vieppiù si dilatassero gli Angioini, fino che fossero arrivate le armate regie, per accingersi con queste di proposito all’intero acquisto del regno di Napoli. Così fu fatto: i due fratelli del re (181) co’ due cavalieri napolitani giunsero in Genova per partirsi ciascheduno per il suo destino.
Il principe di Taranto, che dovea passare in Puglia, venne prima in Sicilia, dove recò all’infante Pietro le lettere del re Alfonso, per le quali lo riscontrava della libertà ottenuta da lui, e da’ comuni fratelli, e della confederazione fatta col duca di Milano, ch’era contento ch’egli fosse preferito a Renato di Angiò nel possesso del regno di Napoli, e lo pregava, come dice il giornalista napolitano (182), a portarsi subito coll’armata all’impresa di quel regno, o, come più verisimilmente scrisse il Fazio (183), a venire con cinque galee a Porto Venere, dove egli sarebbesi trasferito per prenderlo a bordo, e condurlo a Napoli; prescrivendogli ancora che recasse insieme una nave carica di frumenti.
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