Da tutti questi fatti, che sono contestati dagli scrittori sincroni, viene evidentemente provato, siccome avevamo promesso di dimostrare, che il ritorno dell’infante Pietro in Sicilia, e la di lui partenza dalla medesima, dopochè il re Alfonso e i suoi fratelli furono liberati dalle ritorte, non accaddero che nell’anno 1435, e che per conseguenza l’elezione di Ruggiero Paruta, e di Giovan Battista Platamone per suoi luogotenenti nel governo del regno di Sicilia non avvenne che nel mese di dicembre dell’anno medesimo. Siccome questo serenissimo principe dopo la presa di Gaeta non più si distaccò da’ fianchi del fratello, e lo assistè sempre nella guerra di Napoli, in cui morì, non possiamo punto sospettare che egli fosse un’altra volta ritornato in Sicilia, come sarebbe d’uopo per salvare l’errore cronologico dell’Amico, e dell’Auria.
Egli è a credere che il Paruta, ch’era andato a Gaeta a trovare il re Alfonso, nella famosa giornata de’ 5 agosto fosse rimasto sopra le galee comandate dall’infante Pietro, e con esso si fosse salvato, e fosse ritornato in Sicilia; giacchè non abbiamo monumento veruno che ci additi ch’ei vi si fosse restituito in altro modo; nè si vede nominato fra i prigionieri fatti da’ Genovesi, che poi furono liberati; ciò che non si sarebbe intralasciato di avvertire dal Surita, che rapporta i nomi dei personaggi siciliani, che non morirono in quella battaglia, e vi restarono presi. Il Paruta, oltre di essere un cavaliere di una distinta famiglia, e ornato delle due insigne cariche di castellano del regio palagio, e di maestro razionale, era abbastanza commendabile, e degno di esser nominato per conto ancora del viceregnato di Sicilia, che gli era stato conferito dall’infante Pietro prima di partire coll’armata verso Gaeta per la guerra, che il re Alfonso facea nel regno di Napoli.
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