Lasciò scritto il p. abate Vito Amico regio storiografo (185), che il Platamone continuò nel governo del regno insieme con Ruggiero Paruta per lo spazio di tre anni ad triennium, e siccome lo fe’ eletto l’anno 1436, secondo il di lui calcolo sarebbe durato questo [61] viceregnato fino all’anno 1439, nel che la sbagliò, come noi addimostreremo nel capo seguente; è nondimeno certo, che questi due vicerè restarono unitamente in questa carica fino all’anno 1437, nel quale il re Alfonso, annullando tutte le antecedenti elezioni di vicerè e presidenti del regno, e quelle ancora dell’infante Pietro, volle che il solo Ruggiero Paruta reggesse da vicerè la nostra isola.
Molte cose operarono questi due vicerè durante la loro amministrazione, e varî dispacci loro, ora sottoscritti da ambedue, ora da uno di essi, si promulgarono nel regno. Fra questi è degno di ogni considerazione quello dato in Polizzi a’ 18 di luglio dell’anno 1437, e sottoscritto da Battista Platamone, uno de’ due mentovati vicerè. Per intendere quanto sia interessante questo monumento, bisogna avvertire che nel concilio di Basilea, che convocato sin dall’anno 1431 andò poi a terminare nel 1443, fra le molte sante disposizioni che furono date da que’ vescovi che lo componevano, una delle principali fu quella di abolirsi in avvenire tutte le riserve de’ vescovadi, e degli altri beneficî, che i papi costumavano di fare. Perciò nella ventesimaterza sessione, che fu tenuta in dì di sabato a’ 25 di marzo 1436, fu promulgata una costituzione sinodale, per cui i padri annullavano tutte le riserve fatte dal papa nello stato romano, e in tutti gli altri luoghi del cristianesimo, e vietavano che se ne potessero mai più fare in avvenire.
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