Dunque ad istanza del vescovo di Catania vien comunicata dal vicerè Platamone la conciliare costituzione intorno alle riserve all’abate di S. Lucia (186), cui si ordina che sia fedelmente eseguita, e che sia perciò annullata l’esecutoria data ad una bolla pontificia fatta a favore di un certo Riccardo: insinuandoglisi, essere volere del sovrano che in ogni modo fossero osservate nei suoi stati tutte le determinazioni di quel concilio. Come poi Alfonso rappacificatosi con Eugenio IV l’abbia riconosciuto per legittimo pontefice, ed abbia rivocati gli ordini antecedenti, forse avremo luogo di rammentarlo in appresso.
Posteriormente a questo tempo il re Alfonso promulgò in Gaeta, l’ultimo giorno di settembre dello stesso anno 1437, una prammatica, con cui comandò che fossero eseguiti i nuovi regolamenti di quel concilio intorno all’elezione dei vescovi. Il costume dell’antica chiesa, per cui i collegi delle chiese nelle vacanze eleggevano i pastori delle anime, era stato abolito, e i papi aveano introdotto l’abuso di riserbarsi il diritto di provvedere. I padri adunque del concilio di Basilea stimarono di dar riparo a questa usurpazione, per cui allo spesso accadea, che le pecorelle di Gesù Cristo erano affidate nelle mani dei rapaci lupi; e con una loro costituzione [62] restituirono gli elettori nell’antico diritto, e prescrissero il modo, come dovessero fare l’elezione secondo le canoniche leggi, non dando luogo alle commendazioni, al favore, o alla orrenda simonìa. E siccome il papa si trovava di aver fatte delle riserve, perciò stabilirono che egli fosse tenuto di avvisare gli elettori, che senza riguardo alle medesime, o alle bolle emanate, o alle regole della cancelleria, passassero liberamente ad una nuova elezione, scegliendo il più degno.
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