Può ben essere, che egli abbia voluto in qualche modo risarcire il poco conto, che l’infante Pietro mostrò di fare di questo eccellente uomo, quando dopo di averlo l’anno 1435 eletto vicerè con amplissima facoltà di darsi dei sostituiti, e dopo che questi dovendo per i gravi affari portarsi alla corte avea lasciati, durante la sua lontananza, quattro presidenti del regno, nel suo ritorno coll’infante suddetto non fu più lasciato solo a governare la Sicilia, ma gli fu dallo stesso principe dato per compagno Battista Platamone. È dunque verisimile, che Alfonso udendo il dispiacere, che provato avea il Paruta nel vedersi dimezzata la sua autorità, per addimostrargli in quale estimazione lo avea, abbia risoluto di spedirgli l’onorevole dispaccio, con cui lo reintegrava solo nel governo di Sicilia, escludendo tutti gli altri antecedentemente eletti, e persino il fratello Pietro, che era stato fin allora suo perpetuo vicario nell’amministrazione di questi due regni. Questa per altro è una congettura che noi facciamo, potendo essere avvenuto che da altre cause l’animo del re Alfonso sia stato mosso a così operare.
Di questo terzo viceregnato del Paruta ottenuto dal medesimo con singolar dispaccio dal magnanimo Alfonso non fa veruna menzione il Pirri, il quale non ci accenna (190) che i due primi; l’uno, in cui fu solo, e l’altro, in cui ebbe per compagno Battista Platamone. Ma ciò non deve recare maraviglia; la cronologia di questo regio storiografo non è punto esatta, e per quel che riguarda i vicerè di Sicilia, è assai più mancante che le due, che ci hanno scritte l’Amico, e l’Auria.
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