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      Collocato il Paruta con un dispaccio così onorifico nel governo di tutta la Sicilia, si occupò interamente a rendere dei considerabili servigî al suo sovrano, e a procurare la felicità del regno, di cui gli era stata confidata l’amministrazione. Faceasi allora con calore la guerra nel regno di Napoli; il re Renato di Angiò, che era tenuto in ceppi dal duca di Borgogna, coll’esorcismo di ducento mila dobble si era liberato dalle catene, e con molta truppa era venuto a Napoli, dove assicuratosi il suo partito, e avvalorato dalle milizie del Caldora, che segli era unito, trovavasi già in grado di far fronte al re Alfonso. Questi perciò, che in passato avea fatta [63] la guerra lentamente, conobbe allora che era d’uopo di accalorare questa impresa; giacchè se punto si dava tempo al nemico di augumentare le sue forze, rendevasi allora più malagevole la conquista di quel regno. Il Paruta, secondando le premure del suo principe, non intralasciava dalla Sicilia di somministrare uomini, attrezzi militari, e le vettovaglie necessarie per l’esercito, che avrebbe allora indubitatamente presa quella città, se la disgraziata morte dell’infante Pietro, che era il principal movente in quello assedio, non avesse agghiacciato il sangue al re, e alle sue soldatesche.
      Stava del pari a cuore del Paruta la sicurezza dei Siciliani, i quali sebbene nell’interno del regno godessero una invidiabile tranquillità, erano nondimeno vessati dagl’inquieti Tunisini, che turbavano il commercio per mare, e inoltre, sbarcando nei lidi della Sicilia, predavano i beni degli abitanti, e molti di questi riducevano in ischiavitù. Non era allora il caso di rintuzzare colla forza la temerità di costoro; le truppe e le galee, che avrebbero potuto difendere il regno, si trovavano lontane, ed intente a servire il re nell’assedio di Napoli.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



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