Fu dunque creduto miglior partito il cercare la pace al re di Tunisi, per impedir così che i sudditi di questo principe moro molestassero in avvenire la Sicilia. Ne propose il Paruta il progetto al magnanimo Alfonso, il quale creò a questo oggetto per suo ambasciadore a quel Bey il P. Giuliano Majali monaco del monistero di san Martino delle scale di Palermo, dell’ordine di san Benedetto, cui fu spedito un onorifico dispaccio da Gaeta al primo di dicembre 1438, col quale venne egli eletto inviato del re con plenipotenza a quel principe, per stabilire gli articoli di una costante pace fra i Tunisini e i Siciliani. Non è del nostro argomento il rapportare in questo luogo ciò che abbia questo santo e virtuoso monaco fatto in Tunisi per assicurare la felicità di Sicilia. Basta dire che egli fu accolto con distinzione da quel re, ottenne dal medesimo quanto bramava, si trattenne lo spazio di presso a tre anni in quella corte, nè ne partì, che con rincrescimento di quel moro, che non volea privarsene, e a grandissimi stenti gliene accordò il permesso, accompagnandolo con molti doni, dei quali alcuni tuttavia si conservano in quel monistero (191), e con lettera al re Alfonso in cui faceagli elogî di questo virtuoso religioso.
Fanno durare l’Amico, e l’Auria questo terzo governo del Paruta fino all’anno 1440 in cui gli danno poi per successori Gilberto Centelles, e Battista Platamone, il quale per la terza volta veniva impiegato nel governo del regno; ma noi fra questi due, e il Paruta troviamo un altro vicerè, cioè Bernardo Requesens l’anno 1439, come costa dal registro della regia cancellaria (192). Di questo cavaliere che allora esercitò per poco tempo il viceregnato, noi parleremo più diffusamente in appresso, avendo governato altre volte, e più lungamente la nostra isola.
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