Questo secondo dispaccio appartiene appunto all’anno 1445, essendo dato nel Castel nuovo di Napoli al primo di giugno dello stesso anno. Dietro a questa real grazia Lupo Ximenes de Urrea con lettera viceregia sottoscritta in Palermo ai 30 di agosto del medesimo anno ordinò al capitano, al patrizio, ai senatori, e ai giudici di Catania, che immediate si mettessero in possesso dell’ottenuto privilegio, aprendo l’università, ed assegna per ragione di questa sua sollecitudine, il pericolo in cui erano, se moriva il papa, di perderlo, perchè dice, che le bolle dei papi per la loro morte restano senza effetto, se prima non se n’è cominciata l’esecuzione.
Entrando l’anno 1446 pensò questo governante di convocare in Palermo il generale parlamento, che per quanto a noi costa, non si era più radunato da dodici anni, anzi fin da che il re Alfonso era stato in Palermo l’anno 1433. Non sappiamo precisamente il giorno in cui fu tenuto; il Mongitore (237) non lo accenna (238), e solo racconta, che il vicerè, che ei chiama Gio. Lopez Durrea, propose agli ordini dello stato, che il re, poichè avea ricevuti molti opportuni sovvenimenti da loro per l’acquisto del regno di Napoli, proponea per non più aggravarli la ricuperazione dei beni del suo regio padronato, che in quella guerra avea o venduti, o pignorati, e che ricercava perciò qualche donativo. Soggiunge che il parlamento gli fe’ un dono di cento venticinque mila fiorini, ed elesse per suoi ambasciatori a Napoli Simone di Bologna cittadino, ed arcivescovo di Palermo (239), Federico Abbatellis, Giovanni Antonio Barresi barone di Pietraperzia, e Andrea Castelli, i quali portassero questa offerta al re, e chiedessero alcune grazie al medesimo, che credeansi necessarie al vantaggio del regno.
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