Fu stabilito poi che questo donativo fosse di ducentocinquemila e quattrocento fiorini; ma protestando i prelati, e procuratori delle chiese contradicenti, che non poteano portare questo peso, il cardinale determinò che si riparasse in questo modo: cioè che ne avrebbero pagati cento ottantacinquemila, e quattrocento gli ecclesiastici di Aragona, di Valenza, di Catalogna, di Majorca, di Minorca, e dei contadi di Rosciglione, e di Ceritana; quindicimila le chiese di Sicilia, e cinquemila quelle di Sardegna (270). Di tutto questo fatto dà conto il vicerè Lupo Ximenes de Urrea nel mentovato dispaccio dei 13 di maggio 1451, ordinando ai prelati della Sicilia che eseguissero quanto era prescritto nelle ordinazioni fatte dal cardinale legato ai 4 di gennaro 1451.
Nell’anno di appresso 1452 fu di ordine del re convocato un nuovo parlamento in Palermo e nella sala del regio palagio dello Steri dal vicerè Lupo Ximenes de Urrea. Non si sa in qual mese, e in qual giorno ne fu fatta l’apertura, non venendoci accennato, ma certamente prima del mese di maggio, avvegnachè dopo li 15 di questo mese partì da Sicilia il detto vicerè, come or ora saremo per dire. L’oggetto di questo straordinario parlamento fu appunto per dimandare un nuovo donativo per ricomprare, o riacquistare i beni del regio erario, che si erano alienati o venduti; giacchè li centocinquanta mila fiorini esibiti nell’antecedente assemblea parlamentaria a questo fine si erano da S.M. erogati per altri più pressanti bisogni. Gli ordini dello stato adunque, conoscendo la giustizia di questa dimanda, dopo varî colloqui determinarono di offerire al re duecentomila fiorini da pagarsi nello spazio di dodici anni, con che veramente s’impiegassero in riscatto delle terre del regio demanio, e delle gabelle regie, e non in altri usi.
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