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      Furono in questa occasione eletti gli ambasciadori del parlamento, i quali recassero al re questo donativo, e ricercassero alcune grazie vantaggiose al regno (271). Gl’inviati suddetti furono Simone di Bologna arcivescovo di Palermo, Fr. [78] Ambrogio d’Isfar abate di S. Martino (272), Giovanni Ventimiglia marchese di Geraci, e Antonio de Luna Peralta conte di Caltabellotta, i quali furono accolti da Alfonso alla Torre del Greco, dove dimorava, e fecero le loro istanze ai 12 di agosto 1452.
      Le grazie che furono dimandate al re, e che sono registrate nella raccolta dei capitoli del regno (273), furono o in tutto, o in parte concesse dal re Alfonso, come si può ivi osservare, fra le quali fu molto gradita dai Palermitani quella che accordò loro il diritto per sei anni di poter fabbricare moneta (274). Erano sempre stati i Messinesi gelosissimi del privilegio accordato loro dal re Martino, di coniarsi solamente nella loro città il denaro, e sempre si erano opposti che questo diritto fosse concesso ad altri, e particolarmente ai Palermitani. Come poi abbiano perduto questo gius, e come sia passato privativamente alla capitale, dove solo si battono le monete, lo diremo a suo luogo, quando si parlerà del vicerè conte di S. Stefano. Questa grazia fu tosto dal vicerè fatta eseguire (275).
      Terminato questo parlamento Lupo Ximenes de Urrea pensò di partirsi da Palermo e di andare a trovare il re in Napoli, e volendo lasciare un presidente, che reggesse la Sicilia, mentre egli ne stava lontano, scelse a questo impiego Antonio Rosso Spadafora conte di Sclafani.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1481

   



Appendice - Indici - Note




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