Ma il re Ferdinando, figliuolo di Alfonso, che al salire sul trono trovò tanti emoli che tentavano di rapirglielo, fingendo di nulla sapere dei maneggi del cugino, con somma avvedutezza lo accarezzò in modo, promettendogli la continuazione della pensione assegnatagli da Alfonso, che lo fe’ desistere da ogni ulteriore pretensione, e lo indusse a portarsi in Sicilia coi Catalani del suo partito, dove forse avrebbe potuto migliorare le sue fortune.
Giunse questo sfortunato principe in Palermo, e vi fu ricevuto da Lupo Ximenes de Urrea con ogni onorificenza, come vero re di Navarra, ed erede della monarchia di Aragona. Ivi arrivato, o che privo dell’appoggio dello zio Alfonso pensasse seriamente a riconciliarsi col padre, o che ne fosse così consigliato dal nostro vicerè, che era un gran politico, si determinò di spedire ai deputati dei regni di Aragona e di Valenza Giovanni di Morreale suo tesoriere, e Pietro di Ruzza suo consigliero, come inviati, acciocchè quei deputati implorassero dal re Giovanni il perdono. Per via si unì a questi monsignor Giovanni di Aragona arcivescovo di Saragoza, che ritrovavasi in Napoli incaricato ancora egli di procurare la pace fra il padre e il figlio (308).
Mentre il principe di Viano dimorava in Palermo, giunse al Ximenes l’ordine di ricevere a nome del nuovo re di Aragona il ligio omaggio dai Siciliani. Il vicerè suddetto a questo effetto convocò un parlamento a Castrogiovanni (309), dove volle anche intervenire Carlo il principe di Viano. Dopo di aver tutti gli ordini dello stato riconosciuto per loro sovrano Giovanni re di Aragona, e di aver fatto nelle mani del vicerè il giuramento di fedeltà, fu discusso quali grazie si dovessero dimandare al nuovo sovrano vantaggiose al regno, e dopo un lungo esame fu risoluto di chiedere le ottantotto, che si trovano registrate nei capitoli del regno (310). Gli atti di questo parlamento si sono perduti, non trovandosi nei nostri archivî; ma ci restano i capitoli delle grazie, dai quali restiamo informati che furono destinati in Ispagna a chiederle, come ambasciadori dei parlamentarî, Simone Bologna arcivescovo di Palermo, Guglielmo Raimondo di Monte Cateno maestro giustiziere del regno, Antonio de Luna (311), altrimenti detto Peralta conte di Caltabellotta gran contestabile del regno, Vassallo Speciali, e il dottore di legge Girolamo Ansalone.
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