È però da osservarsi che eglino non furono del pari incaricati delle stesse commissioni, ma che alcune erano affidate ad ambidue, ed altre singolarmente al solo maestro Salvo, del quale si fanno i dovuti elogî, e con cui prega quel Bey, che tratti a solo a solo gli affari segreti, dei quali è incaricato, prestando fede a quanto egli sarà per dirgli, e dando a lui solo le risposte.
Un’altra provvidenza assai vantaggiosa diede nello stesso tempo questo vigilantissimo governante. Siccome i nostri sovrani non ebbero una ferma dimora, ma stavano ora in una città ora in un’altra, perciò i registri delle [94] loro ordinazioni rimaneano in quelle città, dove aveano abitato, e poi, trascurandosi di collocarli negli archivî regî, si sperdevano fra le mani dei particolari. Fu il d’Urrea avvisato che in Catania, dove i principi aragonesi si erano molto tempo fermati, eranvi molti registri dei suddetti re, e sopra tutto della regina Bianca; ordinò quindi al capitano di quella città con dispaccio dei 13 di dicembre 1465 (356), che promulgasse un pubblico bando, per cui intimasse ad ogni, e ciascheduno di qualunque grado, e condizione che fosse, il quale o tenesse i mentovati registri, o sapesse coloro che li posseggono, di consegnarli al nobile messer Giovanni dello Medico regio archivario, luogotenente, e maestro notaro dell’ufficio del protonotaro del regno, o di dare avviso presso di cui sieno, e questo sotto la pena di once cento da applicarsi al regio fisco. Nel detto dispaccio avverte poi, che egli ha date le stesse disposizioni per i registri che ritrovavansi a Messina, dove è data la lettera, e in altre città del regno.
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