Vi durò sei mesi, ma per la vigilanza de’ magistrati non si estese fuori di quel recinto, e solo sagrificò quattrocento di quegli infelici (375).
La vicina morte, che di giorno in giorno si aspettava del Re di Aragona, avrebbe potuto apportare de’ torbidi, e particolarmente rispetto al regno di Sicilia, ch’era così lontano dagli altri stati di quella Monarchia. Uno di quei principi, che avrebbe potuto invaderlo, era Ferdinando re di Napoli, e figliuolo del re Alfonso. Questo magnanimo sovrano non solamente non ebbe animo di tentare questa ingiusta usurpazione, ma per mostrare il suo disinteresse, e la premura, che avea di conservarlo al suo fratel cugino, spedì in Aragona il vescovo di Sessa, e in Sicilia l’abate Ruggio suo familiare, per assicurare il re Ferdinando, e il vicerè nostro, che nel caso infausto che soccombesse al comune destino Giovanni suo zio, era egli pronto di somministrare tutte le sue forze ad oggetto di mantenere alla corona di Aragona il nostro regno. Questa graziosa offerta fu aggradita non meno dal re Ferdinando, che da Lupo Ximenes de Urrea, il quale stimò suo dovere il parteciparla a’ principali baroni del [98] nostro regno, e a tutte le università di esso, come si fa palese dalla circolare spedita da Palermo a’ medesimi sotto i 29 di gennaro 1469 (376).
Il matrimonio fra il re Ferdinando, e la principessa Isabella erede della Castiglia trovò degli ostacoli per parte di Arrigo fratello di essa, non ostante i quali venne a compimento; e se ne celebrarono le nozze in Valladolid nel mese di ottobre 1469. Arrivata questa fausta notizia in Sicilia, Lupo Ximenes de Urrea volle, che fosse solennizzata una festa per tutto il regno.
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