Non erano appena terminate le sessioni del parlamento, che giunse al vicerè la giuliva notizia, che già la città di Barcellona si era sottomessa all’ubbidienza del re Giovanni. Di questo lieto avviso ne fu dato conto a tutte le università del regno con una lettera circolare, in cui si ordinava, che si rendessero le dovute grazie a Dio, e si facessero dei festeggiamenti, e delle illuminazioni, essendo stata questa vittoria la causa, per cui cessava la guerra, e si tranquillavano i regni di S.M. (416).
Non restò conchiusa, come fu avvertito, la pace proposta col re di Tunisi, per cui fu mandato il nobile Andrea di Navarro; seguivano le ostilità dei corsari tunisini, e oltre ai danni, che ne soffriva il commercio, spesso i vassalli del re nostro cadevano in ischiavitudine. Rincrescea al cuore di Lupo Ximenes de Urrea il danno, che recava ai siciliani la non conchiusa pace coi tunisini; ed essendo capitato in Palermo il signor Raffaello Vives ambasciadore del re di [104] Portogallo, che passava in Tunisi per lo stesso oggetto, gli diede incombenza di trattare la pace anche a nome del re di Aragona, e di quel di Napoli; e siccome vi erano in Tunisi cinquecento schiavi siciliani, l’Urrea si compromise di pagare per raccattarli sessantamila doble da trarsi dal danaro, che si sarebbe cavato dalla bolla della Crociata (417), che si aspettava dal sommo pontefice (418). Per animare poi il Vives, e il di lui compagno Emanuele Boa a portare al suo termine questo negozio, con un’altro dispaccio dei 20 di novembre dell’anno 1472 promette loro, che ottenuta che eglino avranno la pace, o per lo meno una tregua, ne avrebbono in premio ottenuta la libera estrazione dai porti di Sicilia, e da qualunque luogo dove sogliono conservarsi i grani, che noi diciamo caricatori, senza fare veruna spesa, di quei frumenti dei quali aveano di bisogno (419). Siccome però il Vives ed il suo compagno erano prima andati in Roma, spediti dallo stesso vicerè, e in questo viaggio aveano speso di proprio trecento sessanta docati, somma, che il regio erario non potea per allora pagare, il vicerè con un terzo dispaccio del primo di dicembre seguente si scusa di non essere in grado di farli soddisfare; ma in nome suo, e del re di Aragona ancora promette che subitochè saranno ritornati da Tunisi, sarà loro interamente pagato non solo questo denaro, ma quanto ancora saranno per spendere nel futuro viaggio (420). Appena arrivato il Vives a Tunisi venne a capo di stabilire con quel re una tregua di due anni, durante la quale si sarebbono con agio trattati gli articoli della pace.
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