Si seppe in Palermo la morte di questo sovrano ai 7 del seguente mese di febbraro. Il conte di Prades all’avviso, che n’ebbe, scrisse a tutti i prelati, ai baroni, e alle università, dando loro conto di questa perdita, e prescrivendo che in avvenire riconoscessero per solo monarca della Sicilia il re Ferdinando; che facessero solenni esequie al morto Giovanni, ed indi celebrassero, come in passato era stato il costume, l’esaltazione del nuovo principe con feste, illuminazioni, e rendimenti di grazie. La lettera è data lo stesso giorno 7 di febbraro (467).
La morte del re Giovanni rallegrò i Siciliani tutti, i quali odiavano il conte di Prades per molte cagioni, e particolarmente per il grave dazio del 10 per cento, che volea imporre nel parlamento tenuto a Catania, che poi, come si è avvertito, non ebbe esecuzione; ma soprattutto ne restarono contenti i Messinesi, i quali non poterono mai dimenticare l’affronto fatto ai loro ambasciadori in Catania, quando due di essi furono imprigionati, e il terzo ebbe l’arresto in casa, e l’essere stati da questo vicerè costretti a cedere il luogo agli ambasciadori di Palermo: articolo molto interessante per quei cittadini. Eglino perciò destinarono, appena avuta la notizia della morte del re Giovanni, Ludovico Bonfiglio, e Giovanni Antonio Gotto, che erano stati imprigionati in Catania, ai quali aggiunsero Antonio Urso del ceto plebejo, acciò andassero come ambasciadori alla corte per rallegrarsi col Re della sua esaltazione, e gli offerissero un donativo di tre mila scudi (468). Il conte di Prades avea già convocato in Palermo gli ordini dello stato per gli otto del mese di marzo 1479 con una circolare sottoscritta in Palermo ai 12 di febbraro antecedente (469), affinchè si scegliesse un ambasciadore a nome del regno, per congratularsi col mentovato monarca.
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