Egli dunque spedì alla corte di Napoli il regio segretario Orlando di Leo, e per mezzo di quel real principe, e della regina sua consorte trattò, e conchiuse nel mese di marzo 1480 un armistizio per un anno detto di fermo, e un altro anno chiamato di attinenza, prima che fosse rivocato. Ciò fatto, agli 8 del seguente aprile promulgò un bando, con cui ordinava a tutti i Siciliani sotto la pena della confiscazione de’ beni, che durante la detta tregua non osassero di offendere la comunità, e i cittadini di Genova, nè di ricevere ne’ loro porti corsali, che recassero danno a quella repubblica, nè di dar loro soccorso, ed ajuto veruno (483).
Furono ubbidienti i Siciliani al comando viceregio; non così i Genovesi, i quali nulla curando l’armistizio convenuto, recarono loro danni considerabili. Non passò guari dalla stabilita tregua, che comparvero due galee genovesi, l’una di Urberto del Fiesco comandata da Giacomino di Montenegro, e l’altra di Agostino Campofregoso, padroneggiata da Paolo dello stesso cognome, ne’ mari di Palermo, e di Trapani, dove ne’ mesi di maggio si piantano certi ordigni per la pesca de’ tonni. Assalirono quei repubblicani, e rovinarono quanto si era ivi preparato; vi fecero delle prede; e uccisero, e fecero schiavi i pescatori, che ne stavano alla custodia, e con tutta sicurezza attendevano alla pesca. Non contenti di aver danneggiate le tonnare, vennero a terra, vi fecero del bottino, ed imprigionarono molti Siciliani, che obbligarono a forza a montare sulle galee.
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