Restò il vicerè molto dispiaciuto delle ostilità commesse da’ Genovesi, e spedì tosto a Genova lo stesso di Leo, per far presente a quel Doge, e a’ senatori della repubblica quanto era accaduto, e per dimandarne il dovuto riparo (484); e nello stesso tempo ne scrisse alla regina di Napoli, ch’era stata col marito la mediatrice di questa tregua, dandole conto di quanto contro i patti aveano operato i Genovesi; ordinando al di Leo che andasse prima in Napoli a presentare questa lettera; e ad impegnare quella sovrana presso la repubblica, acciò i Siciliani fossero risarciti de’ danni sofferti (485).
Si seppe subito in Genova la notizia delle ostilità usate dalle galee del Fiesco e del Campofregoso contro le convenzioni dinanzi fattesi. Quel comune ne restò rincresciuto, e Battista Montefregoso Doge di quella repubblica, per occorrere a quanto era passato, sotto li 13 di giugno 1480 scrisse due lettere, una al re di Aragona, e l’altra al vicerè Gaspare de Spes, nelle quali protestò, che quanto le due Galee aveano temerariamente fatto, non era punto accaduto col consenso della repubblica, la quale, fermata la tregua, avea subito spediti gli ordini opportuni, acciò durante il tempo di essa i siciliani non fossero per verun modo molestati da’ sudditi Genovesi. Scusava poi il fatto sulla massima che il principe, per quanto fosse potente, non può mai ovviare agli attentati de’ sudditi scellerati, e avvezzi a vivere di depredazioni, e di rapine, come la stessa repubblica Romana, comunque potentissima, non potè mai ripararli.
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