Questo vicerè era in odio a tutta la nazione. La di lui alterigia, il dispregio con cui trattava la nobiltà, che volea in tutti i modi conculcare, la premura di farsi ricco colle spoglie dei nazionali, e sopratutto le pratiche da lui fatte, da che venne al governo della Sicilia, per sposarsi con Beatrice Spadafora erede del vasto stato di Sclafani, per cui questo ricco contado di poi passò in questa famiglia Spagnuola, lo rendeano l’oggetto della comune esecrazione. Accrebbe l’universale dispiacere, e particolarmente quello del baronaggio, la persecuzione di Arrigo Ventimiglia marchese di Geraci, e di Pietro Cardona conte di Golisano (504). Frequenti perciò erano i ricorsi della nazione, e degli offesi baroni al regal soglio. Ma siccome le doglianze de’ popoli non arrivano per lo più a penetrare ne’ gabinetti de’ sovrani, avvegnachè i ministri le soffocano nelle segreterìe; perciò continuava lo Spes a governarci dispoticamente, senza che il re di Aragona sapesse le lagrime de’ suoi Siciliani. È cosa però malagevole fra tanti lamenti, e tanti mezzi adoprati per farli giungere alle orecchie de’ clementissimi sovrani, che alcuno non vi arrivi. Ferdinando cominciò a sospettare che la condotta di questo vicerè fosse reprensibile; e gli amici suoi, che stavano a’ fianchi del principe, non potendola più occultare, lo consigliarono che fosse espediente, ch’egli venisse alla corte, dove avrebbe potuto colla sua presenza dileguare le sospicioni del monarca. Approvò egli questo consiglio, e col pretesto che dovesse trattare col re gravi affari ottenne il permesso di partire.
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