È fra di noi una legge, che quando finisce di vivere un vicerè, perchè il regno non resti senza un governante, subentra nel governo il maestro giustiziero una col sacro consiglio, fino a che la corte non provveda altrimenti; e alla nostra età, in cui i vicerè non hanno più il diritto di scegliersi un successore, quando o muojono, o partono, e in cui non vi è più la carica di maestro giustiziero, resta la podestà nel sacro consiglio, di cui è capo il presidente della gran corte, che fa le veci di maestro giustiziero.
Prese dunque le redini dei governo o per destinazione fattane dall’Acugna, o perchè questa è la costumanza nel regno il conte di Adernò Giovanni Tommaso Moncada, che godeva la suddetta insigne carica, e perdurò nell’esercizio di presidente, e di luogotenente del regno fino all’arrivo di Giovanni la Nuça eletto dal re di Aragona vicerè di Sicilia. Ci manca ancora la cedola reale, per cui venne questi prescelto alla detta dignità, e per conseguenza siamo anche privi dell’esecutoria del sovrano decreto (558). I nostri archivî, come più volte abbiamo osservato, sono mancanti, qualunque ne sia stata la cagione, o la negligenza di coloro, che li hanno in custodia, o la poca avvedutezza nel ben curare che si trasportassero ne’ medesimi le carte restate in Messina, ed in Catania, dove dimoravano i vicerè, o che finalmente si sieno perduti de’ volumi ne’ frequenti cambiamenti che si facean delle scritture della regia cancelleria, e dell’uffizio del protonotaro.
Era Giovanni la Nuça giustizia maggiore di Aragona, ch’è l’uffizio il più grande, e il più cospicuo di quel regno, ed era anche stato vicerè nel regno di Valenza, e nel principato di Catalogna, e fu creduto il più opportuno a reggere il regno di Sicilia, così per l’esperienza che avea nell’arte di governare, come perchè sapesse a tempo, e a luogo opporsi a’ Francesi, che aveano portata la guerra in Napoli (559), e sostenere il re Alfonso nipote del re Cattolico.
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