Le querele de’ Siciliani contro il suddetto la Nuça non solo riguardavano il modo imperioso, ed aspro, con cui questo vicerè trattava tutti, e principalmente la nobiltà, ma anche i vizî del di lui figliuolo, ch’era così insolente, e di pessimi costumi, che si era attirato l’odio di tutti. Bisogna nondimeno confessare ch’ei non era punto condiscendente con questo; anzi avendolo trovato reo, e incorreggibile, con somma severità lo condannò a morte: sentenza, che si sarebbe eseguita, se il re Ferdinando, che trovavasi in Napoli, non avesse ordinato che non si effettuasse. Non ostante questo rigore usato contro il proprio figliuolo, era tuttavia il la Nuça esoso alla nazione per rapporti personali; e perciò crediamo che il re Ferdinando comunque non l’avesse rimosso, differiva nondimeno di giorno in giorno di accordargli la licenza di ritornare al governo del regno. O che questo temporeggiamento del re Cattolico affligesse all’estremo l’animo di questo vicerè, o ch’egli per altra cagione si fosse gravemente ammalato in Napoli, è certo che se ne morì a’ 18 di gennaro 1507, e colla di lui morte vacò il viceregnato di Sicilia. Nulla di singolare in questo intervallo oprò monsign. Paternò.
CAPO XXII.
Raimondo de Cardona vicerè. Giovanni Paternò arcivescovo di Palermo, Guglielmo Raimondo Moncada presidenti del regno.
Accaduta la morte del vicerè la Nuça, il re Ferdinando il Cattolico elesse per successore al medesimo nel viceregnato di Sicilia Raimondo de Cardona conte di Alveto. Era questi suo cavallerizzo maggiore, ed avea date chiare riprove del suo valore l’anno 1505 nella impresa di Orano, nella quale fu fatto capitan generale della flotta navale.
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