Queste ostilità solite a farsi nei paesi di conquista posero in tumulto il popolo. Il pretore e i senatori ne avvertirono il loro comandante Diego de Vera, acciò li tenesse a freno: protestandosi, ch’eglino non si rendevano mallevadori di ciò che avrebbe fatto la plebe, se i suoi soldati continuavano a molestarla. Questi cercò di riparare: ma come non avea modo di pagar loro i dovuti salarî, le di lui minaccie non erano ascoltate, e le sfrenate soldatesche seguitavano a commettere i soliti furti. Nel dì dunque 19 dello stesso mese di agosto, avendo elleno assalita, e spogliata la casa di un povero contadino di tutto ciò che vi era di viveri, alle grida di costui si mossero a tumulto gli abitanti, i quali, avendo alla testa Paolo Pollastra gentiluomo, presero le armi, e fecero mano bassa sopra tutti i soldati Spagnuoli, che incontrarono, e poterono trovare, sacrificandoli con orrenda carnificina al loro furore. Ne fu recata la notizia al vicerè, il quale sortì subito dal regio palagio accompagnato dal conte di Golisano, e da altri nobili, e arrivato al luogo della tumultuazione, tanto fe’, che finalmente giunse a sedarla, e ad impedire il macello del resto degli Spagnuoli, de’ quali vuolsi che ne fosse stata trucidata una buona parte. Quietati i sollevati, pensò il Moncada ad assicurarsi de’ capipopoli, e sopratutto del Pollastra, e fatto loro compilare il processo, condannò quelli al laccio, e questo a perdere il capo sotto la mannaja (632).
Avea il vicerè Ugo de Moncada ottenuto fin dall’anno antecedente 1510 la conferma per altri tre anni nel viceregnato di Sicilia, sebbene non fosse ancora scorso il primo triennio.
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