Per dar riparo a questi inconvenienti, e per liberare i trafficanti dagli ostacoli, ne’ quali urtavano, ordinò prima di ogni altro, che tutte le monete false fossero portate alla Zecca, affine di fondersi, e di coniarsi le nuove di giusto titolo, e valore, le quali unicamente si potessero adoprare nel commercio (641). Volendo di poi moltiplicare la moneta per il comodo de’ trafficanti, con un altro editto comandò, che tutti coloro, che aveano in casa argenti, ed ori, fossero costretti a portarli alla Zecca di Messina, ad oggetto di coniarsi (642) sulle galee (643).
Sotto il governo di questo vicerè, e precisamente l’anno 1513 si fissò in Palermo il Tribunale del santo Uffizio nella forma, in cui durò fino all’anno 1782, in cui per comando del re nostro Ferdinando III. restò abolito. Non già che non vi fossero stati prima [145] degl’inquisitori, i quali, dopo che per bolla di Sisto IV. fu stabilito in Ispagna questo Tribunale, fossero venuti anche in Sicilia (644) per perseguitare i creduti rei di apostasìa, ma solo che di allora ebbero una dimora ferma, e una maniera costante di Tribunale per invigilare alla conservazione della religione cattolica (645). Il Pirri (646), seguendo le pedate del Paramo (647), racconta, che il re Ferdinando volle erigerlo in Palermo, perchè questa città era la capitale del regno, dove risedea il vicerè, e il sacro consiglio. L’abitazione, che fu allora assegnata agl’inquisitori, era l’antico regio palagio, dove dimoravano i re Normanni, che oggi è l’ordinaria residenza de’ vicerè, e de’ Tribunali.
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