L’ambasciadore del parlamento, offerendo al re il donativo, richiese le grazie, che i parlamentarî dimandavano, e fra queste quella, con cui si richiedea la Zecca in Palermo (653). L’accorto re Ferdinando conoscendo da una parte i danni, e gl’incomodi ch’erano inseparabili, tutte le volte che dovessero trasportarsi da Palermo fino a Messina gli ori, e gli argenti de’ benestanti, e dall’altra non volendo dispiaccre i Messinesi, cercò, come è in proverbio, di salvare capra, e cavoli: e negando a’ Palermitani la Zecca nella capitale, e a’ Messinesi il privativo diritto, che tutte le monete si dovessero coniare nella loro città, stabilì provvigionalmente, che si piantasse un’altra Zecca nella città di Termini: luogo comodo per i Palermitani, non essendo lontano che ventiquattro miglia dalla loro patria, dove però volle che andassero per presedervi gli uffiziali della Zecca di Messina a fine di non pregiudicare i privilegi di quella città (654).
Giunse nell’anno seguente 1515 al Moncada la lieta notizia, che il re Ferdinando il Cattolico lo avea confermato per altri tre anni nel viceregnato di Sicilia, la quale quanto lo rallegrò, altrettanto dispiacque a’ Siciliani, che per diversi motivi, che accenneremo nel seguente libro, erano malcontenti del governo di questo cavaliere. La carta reale di questa conferma fu sottoscritta da quel monarca in Valladolid a’ 31 di gennaro dello stesso anno, ma non fu letta, e registrata in Palermo, se non a’ 19 del mese di marzo (655).
Accadde nel seguente luglio del medesimo anno una battaglia marittima ne’ nostri mari, gloriosa per la nostra nazione.
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