Non tutti gli uomini pensano ad uno stesso modo; dispiacea a taluni che costoro avessero per divisa quella stessa croce, che eglino calpestavano. In questo sentimento era Fr. Girolamo di Verona dell’ordine di S. Agostino detto per soprannome il Barbuto, il quale predicava in quell’anno nella chiesa di San Francesco durante il corso quaresimale. Questi adunque in una delle sue prediche recitate alla presenza del senato, e di un numeroso popolo disapprovò acremente dal pulpito la determinazione degli inquisitori, come cosa ignominiosa al nome cristiano, e disse, che era d’uopo di togliere dalle loro vesti questo salutifero segno della nostra redenzione (668). Appena sortito il popolo dalla chiesa di S. Francesco, seguendo il consiglio dell’inavveduto predicatore, si scagliò contro coloro degli Ebrei, che incontrava, strappando loro le vesti, maltrattandoli, dileggiandoli, e mandandoli malconci alle loro case: e ciò, che arrecò maggior meraviglia, fu, che anche le donne, senza aversi riguardo alla loro condizione, furono maltrattate, essendosi poste le mani addosso alle medesime. Sollevatosi così il popolo, si tornò a mormorare del vicerè, tacciandosi come colpevole, comunque egli non avesse parte alcuna nella risoluzione presa dagli inquisitori (669).
Questo signore, che dopo la fuga dei nobili a Termini non sapea cosa eglino meditassero, e cercava i mezzi come potesse render vani i loro disegni, all’avviso di questa tumultuazione non perdette il coraggio, ma montato a cavallo, conducendo seco molti consiglieri, andò dove era più folto il popolo, e gridando viva il re Carlo, e la regina Giovanna, cercava di calmarlo.
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