Accadde questo avvenimento tumultuoso ai 7 [152] di Marzo 1516, come ne fa fede il Fazello, che fu presente (674).
Fu così occulta la fuga del Moncada, che non vi fu persona fra’ nobili, che erano con lui, che sene accorgesse; e lo stesso conte di Adrano suo parente non n’ebbe alcuno indizio. Cercavano adunque questi signori ogni angolo del palagio; e quando si avviddero, che egli era veramente scappato, pensarono ancora eglino a salvarsi, e parte per le porte segrete, parte colle funi scendendo dalle finestre, nella miglior maniera, che fu loro possibile, se ne fuggirono, non essendo restate nel palagio, che le soldatesche, che vi tenea il vicerè per sua custodia, le quali come videro, che erano sole, cominciarono a rubare tutto ciò, che era prezioso della mobilia del vicerè, e cariche di bottino, sulle sette ore della notte aprirono le porte del palagio all’inquieto popolo, che entratovi finì di saccheggiarlo fino al nascer del sole, in guisa che non vi restarono, che i nudi tetti, e le pareti. Assassinata la casa reale, e agitato sempre dalle stesse furie il popolo passò al palagio vecchio, dove dimorava lo inquisitore Tristano Calvete spagnuolo, e incolpandolo, come colui che in vece di tener lontana l’eresìa, stava tutto intento a far denari, a somma grazia gli accordò che si allontanasse da Palermo, come tosto egli fece essendosi imbarcato in una nave, che trovavasi nel porto (675).
Arrivato il Moncada in Messina, prima di sbarcare, rappresentò a quei cittadini la tragedia, che gli era accaduta in Palermo, e dimandò, se eglino erano disposti a riceverlo come vicerè, o erano negli stessi sentimenti dei Palermitani; nel qual caso avrebbe continuato il viaggio fino nella Spagna, per esporre al re, come era stato crudelmente discacciato da tutta la Sicilia.
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