Non potea egli sperare di trarre i necessarî frumenti della Sicilia così per Messina, come per Tripoli; imperocchè i suoi ordini non erano eseguiti, e per tutto era vietato [154] che si estraessero viveri per Messina, o per altra parte. Laonde volendo provvedere ai detti bisogni scelse il nobile Giovanni Enguili ch’era quegli, che patroneggiava una sua barca, cui diede una piena, ed assoluta podestà di armarne delle altre, e di costeggiare i nostri mari, e di predare tutte le vettovaglie, che ritrovasse, trattene solo quelle, ch’erano destinate per Napoli, ordinandogli che dei primi grani, che avesse trovati, ne mandasse tosto una barca a Messina, e gli altri con cinquanta soldati spagnuoli li portasse a Tripoli, ricavando da Fra Dionisio di Moncada, ivi destinato ricevitore, la cautela di quanto avesse consegnato. Il dispaccio viceregio è segnato in Messina ai 13 aprile 1516 (681), e registrato dal segretario di esso vicerè Giovanni de Quadro.
Non restò libera la città di Messina, mentre il Moncada vi dimorava, da’ moti popolari. Fu prima sparso che la plebe volea abolite le gabelle civiche, e perciò molti cittadini erano di avviso, ch’era d’uopo che alcuni del loro ceto dovessero essere ammessi fra’ senatori per invigilare agl’interessi del popolo, e che non dovea tollerarsi che tutta l’amministrazione restasse nelle mani dei nobili, che disgravando sè stessi dal peso delle gabelle, lo imponevano quasi tutto agli altri cittadini. Erano alla testa dei plebei Giovancola Reggitano, Bernardo Tauronito, Francesco Safonzio, Giovanni Bernardo Casalaina, Bitto Mollica, ed altri cittadini benestanti.
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