Fu ricorso al vicerè Moncada da costoro, che pretendeano che il popolo partecipasse alla magistratura, e da’ nobili, che lo voleano escludere. Dopo varî dibattimenti il Moncada compose questa differenza con istabilire che i senatori fossero sei, quattro de’ quali fossero dell’ordine patrizio, e due di quello de’ cittadini. Accomodate queste vertenze, fu abolito il senato, che stava per mettersi in possesso, e furono secondo il convenuto eletti i sei, due de’ quali furono il Mollica, e il Casalaina cittadini (682).
Pervennero finalmente a Brusselles le notizie delle peripezie accadute al Moncada in Palermo, e per tutto quasi il regno di Sicilia, ed arrivarono ancora gl’inviati spediti non meno dallo espulso vicerè, che dalla città di Palermo, e dalla nobiltà. Il re Carlo, che stante l’incapacità della madre governava la monarchìa, quantunque fosse assai giovane, giacchè appena compiuti avea gli anni diciotto, persuaso che il sovrano non dee precipitare le sue risoluzioni, non diede fede nè alle dimostranze del primo, nè alle querele, e legittimazioni dei secondi; ma con saggia condotta sospese per allora il giudizio di questo affare, e spedì in Palermo Diego dell’Aquila spagnuolo, sulla di cui onestà molto confidava, acciò sulla faccia del luogo deciferasse la verità de’ fatti, e ne lo informasse. Ebbe egli ordine di chiamare i baroni, su i quali cadea il sospetto, o che avessero procurata la mozione popolare, o che non l’avessero sedata, palesando loro, ed anche al popolo, esser sua reale volontà che il Moncada continuasse nel governo del regno, e che fosse da tutti riconosciuto come legittimo vicerè, così ricercando l’onore della sua corona (683).
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