Si unirono loro alcuni soldati spagnuoli, che spedì il castellano Ercole Infuxa, il che accrebbe il loro coraggio. Francesco Barresi nulla sapea della morte de’ suoi compagni, ma incontrato dal Ventimiglia alla piazza della marina, e avvertito da questi della tragedia accaduta alla Nunziata, deposte le armi, si contentò di andar prigione a Castellammare, salvando per allora la vita. Restava de’ principali Pietro Spadafora, che abitava all’Albergarìa; ma questi, sentendo la disgrazia de’ suoi, era montato a cavallo, e dando di sproni si era salvato fuori della città. Gli altri congiurati si dispersero cercando più tosto di nascondersi, che di continuare nella sedizione (712).
Dissipata con un così felice successo la truppa de’ malcontenti, pensò il Ventimiglia di far tosto trasportar nel regio palagio tutte le armi, ch’erano nell’armerìa della città, e i cannoni, ed altre macchine da guerra, che erano su i baluardi, affinchè la plebe scossa dal primo terrore non tornasse a rivoltarsi. Ciò fatto i cavalieri si fortificarono nel detto real palagio, che guarnirono di soldatesche, e spedirono delle pattuglie per la città per custodire le strade, e per assicurarsi di coloro, ch’erano colpevoli di avere aderito alla sedizione. Tranquillata così la città, furono spediti al timido Pignatelli de’ corrieri per assicurarlo che tutto era in calma, giacchè i sollevati o erano morti, o si trovavano nelle carceri; e che perciò potea egli liberamente, e sicuramente ritornarsene. Comunque questa notizia lo rallegrasse, non volle nondimeno avventurarsi a venirsene in Palermo, se non era scortato da una numerosa truppa; e perciò pregò il vicerè di Napoli, acciò gli spedisse delle soldatesche per la sua sicurezza, e per mettere a dovere i sollevati.
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