Non avendo costoro potuto giammai ottenere il perdono, concepirono da disperati il disegno di togliere la Sicilia all’augusto Carlo, e di darla al suo rivale, e nemico Francesco I. Aveano eglino tratti al suo partito Niccolò Vincenzo Leofanti tesoriere di Sicilia, e Giovanni Sanfilippo ambasciadore della città di Palermo alla santa sede, a’ quali si unì ancora Giacomo Spadafora cavaliere messinese. Tutti costoro ritrovavansi a Roma, e s’indirizzarono a Marco Antonio Colonna generale del re di Francia. Questo cavaliere ebbe a caro il progetto, ma non avendo mezzi da eseguirlo, ne scrisse a Francesco I. Il detto sovrano avendo allora in animo di riacquistare lo stato di Milano, che veniva di perdere, sebbene accettasse la offerta, ne differì a miglior tempo la esecuzione.
Intanto che si trattava colla Francia questo tradimento, Gian Vincenzo e Federico Imperatore ottennero la grazia di ritornare in Palermo. Lasciarono eglino in Roma Cesare altro loro fratello, che stava a’ servigî del cardinale Pompeo Colonna, che fu incaricato di continuare i maneggi colla corte di Francia, non ostante che i suoi germani avessero ottenuto il desiderato permesso di restituirsi alla patria. Essendo di poi venuta la risposta, che abbiamo riferita di Francesco I, Cesare sotto il pretesto di ripatriare venne a Palermo, e raccontò a’ fratelli lo stato, in cui era il loro progetto. Cercarono perciò Gian Vincenzo, e Federico di farsi uno rispettabile partito, e i primi, a’ quali comunicarono il segreto, furono il conte di Cammarata Federico Abatellis disgustato da molto tempo della corte di Spagna (729), e Gaspare Pepe girgentano, uomo popolare, ma intraprendente, i quali entrarono volentieri in questa cospirazione.
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