Ritornato Cesare Imperatore in Roma vi trovò Pietruccio Gioeni cavaliere catanese, che vi aderì, e si compromise di trarvi anche i suoi concittadini. La morte del generale Colonna, e la viva guerra, che sostenne il re di Francia coll’augusto Carlo ruppero allora le fila di questa tela, sebbene Francesco I. non l’avesse mai persa di vista, e promesso avesse di mandare alla prima occasione una flotta in Sicilia per impossessarsene (730).
Il vicerè Pignatelli, uomo dabbene, e poco accorto nel governo, non mai giunse ad aver sospetto di questa trama, quantunque fosse nota a molti. Nel convocare in Palermo il parlamento, di cui abbiamo parlato, che fu poi trasferito a Messina, si accorse, che vi erano dei malcontenti; ma non mai pensò, che potesse esservi un principio di ribellione. Il conte di Cammarata, sebbene convenisse cogli altri di offerire all’imperadore trecento mila fiorini, pretendea nondimeno, che questo denaro si dovesse solamente pagare dai due ordini ecclesiastico, e militare, sperando così di rendersi benevolo il popolo. Si unirono a questo sentimento il tesoriero Leofanti, e un altro Federico Abatellis signore di Cefalà con altri baroni; perciò il vicerè, [165] perchè queste dissensioni non prendessero piede, si attaccò allo espediente di trasportare il parlamento a Messina. Il conte di Cammarata volle tuttavia andarvi, e vi si portò accompagnato da un numeroso stuolo di persone armate. Questa inusitata compagnia diè sospetto, che ei avesse in animo di suscitare nuove turbolenze; e però per ordine del Pignatelli, quando si portò alla sala del parlamento, si vide inaspettatamente circondato dalle milizie, le quali carcerandolo lo condussero immediatamente sopra un naviglio, il di cui padrone ebbe commissione di trasportarlo in Napoli, e di consegnarlo a quel vicerè.
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