Dunque nell’anno istesso 1523 arrivarono in Messina i cavalieri di Rodi al primo del mese di maggio, o come scrisse il Maurolico (739) l’ultimo di aprile, dopo di essere stati discacciati da quell’isola da Solimano gran sultano di Costantinopoli, e costretti cogli abitanti a ricoverarsi in Italia. Fu assai compassionevole lo arrivo di questi prodi campioni, le di cui circostanze possono leggersi presso gli storici della religione detta di Malta (740). Il vicerè Ettore Pignatelli con Fabrizio suo fratello, e con Antonio di Lignamine arcivescovo di Messina andò all’incontro del vecchio Villiers dell’isola Adamo, quel valoroso gran maestro, che avea saputo così ben difendersi, nè avea reso l’isola di Rodi, che a vantaggiose condizioni; e dopo di avergli appalesato il suo dispiacere per la disgrazia che veniva di soffrire, gli esibì la città di Messina, quando volesse dimorarvi coi suoi cavalieri. Fu poi a questo gran maestro presentata una mula ben bardata, su cui montò, e prendendo la destra del vicerè, che era ancor egli a cavallo, e volle cedergliela, entrò in città, e venne al palagio di Salimbene Marchese barone della Scaletta, che gli fu assegnata per sua abitazione presso la chiesa di S. Giovanni appartenente al suo ordine, dove potea di leggieri assistere ai divini uffizî. Forse il gran maestro si sarebbe trattenuto in Messina, che era un porto molto opportuno per potere i cavalieri andare in corso contro i Mori; ma la peste, che eravisi introdotta (741), fe’ cambiare sentimenti a questo cavaliere, il quale volendo salvare la sua piccola truppa, dopo due giorni, da che furono giustiziati nella piazza di S. Giovanni i quattro primi congiurati, dei quali si è fatta menzione, cioè ai 18 di giugno, partì accompagnato fino alla barca dallo stesso vicerè, dal senato, e da tutta la nobiltà (742). In questo tempo arrivò al vicerè suddetto una cedola segnata in Pamplona ai 28 di novembre, con cui fu confermato per altri tre anni nel viceregnato di Sicilia (743).
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