Quattro furono i grandi affari proposti, e trattati in detta assemblea; 1° il donativo di trecento mila fiorini per le spese della guerra; 2° la proroga de’ cento mila per compire le fortificazioni; 3° il mantenimento di dieci mila fanti per la custodia del regno; e 4° finalmente la vendita di alcuni beni della camera per supplire alle spese della guerra. Queste dimande fatte dal vicerè nel dì dell’apertura furono bene accettate dagli ordini dello Stato, i quali dopo varie sessioni per regolare i pagamenti, e la vendita, nel dì 15 dello stesso mese accordarono le prime tre, a condizione nondimeno che niuno fosse esente, nemmeno i così detti Martellati (805). Per la quarta poi si contentarono che si vendessero i beni patrimoniali fino alla somma di cento mila ducati d’oro (806). In questa occasione i parlamentarî oltre il dono al vicerè di cinque mila fiorini, gli diedero altri tre mila ducati per ajuto di costa (807).
Ottenuto il consenso del parlamento intorno a quanto avea richiesto, si applicò il Gonzaga prima di ogni altra cosa alla vendita de’ beni patrimoniali, e per quel, che scrivono i Messinesi (808), Antonio Balsamo cavaliere messinese comperò da lui la città di Taormina per la somma di trentamila scudi. Soffrirono di mal’animo quei cittadini di dover passare dal dominio del sovrano a quello di un privato, e prendendo a prestito altri trenta mila scudi, come piacque al Maurolico, o sessanta mila come racconta il Bonfiglio, ricomperarono la loro libertà. Per contentare il Balsamo, il vicerè gli diede in cambio la grossa terra di Francavilla, aggiungendovi l’onorevol [178] titolo di Visconte.
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