Ordinò, che si fondessero dieci pezzi di artiglieria, cioè cannoni, colobrine, mezzi cannoni, e mezze colobrine, i quali pezzi uniti agli altri, che avea la città, servirono per guarnire i detti baloardi. Volle che ogni cittadino impiegasse l’opera sua in questi lavori o da sè, o mandandovi un uomo a sue spese, e prescrisse alle terre convicine che mandassero ogni quindici giorni cinquanta uomini per lavorare in queste opere. Fu distribuita una gran quantità di polvere, e di palle di ferro per i baluardi, e furono eletti dal re due capitani d’armi, i quali dovessero ogni domenica far la rivista dei loro soldati, e ogni sera far montare la guardia ai medesimi.
Poco dopo, che era venuto in Palermo il vicerè Gonzaga, vi arrivò Elisabetta sua moglie. Era questa dama sbarcata a Messina, mentre vi stava il marito, ai 2 di maggio, dove da quei cittadini era stata ricevuta con tutti i possibili onori (810). Partito il vicerè, passò questa principessa a Catania nel mese di settembre, forse per ammirarvi i portentosi effetti dell’eruzione del Mongibello accaduta dal primo di maggio in poi di quello anno (811), e dopo di esservisi trattenuta alcun tempo, continuò il viaggio per terra sino a Palermo, dove giunse ai 21 del seguente ottobre. Le fu preparato un superbo ponte, dove fu incontrata da dodeci dame giovani, che erano vestite parte di broccato, e parte di tela di oro, e di argento; aveano le cuffie tutte di oro sulle quali le berrette di tela con pennacchi. Con questa compagnia vestita in cotal modo bizarro, che oggi muoverebbe a riso, cavalcò la viceregina su di una bella chinea ben guarnita, montando anche le dodeci dame le proprie, anch’esse bardate nobilmente, e dopo avere girato per le principali strade della città fra i rimbombi delle artiglierìe, arrivò al palagio regio, dove trovò venti altre dame vestite nella stessa nobil foggia, che l’accolsero con molto onore (812). La città di poi, secondo il costume di quella età, le mandò in dono ventiquattro bacili di confetture colle [179] banderuole, nelle quali erano le armi di Palermo.
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